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Nel giardino

Meditazione guidata n°37

Siamo su un prato e forse muovendo le mani possiamo sfiorare l’erba. Mi lascio andare alla coccola di questo momento.

È un momento sereno. Non ci sono pericoli, non ci sono rumori minacciosi.

Ci siamo noi.

Più mi rilasso più mi sento parte dell’ambiente, parte di quella natura, parte di quella meraviglia che ci avvolge.

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Per questa meditazione, cerchiamo la posizione più comoda che riusciamo a trovare in questo momento. Chi può si sdraia. Il mio consiglio è quello di tenere le gambe stese con le punte rivolte verso l’esterno, le braccia lungo il corpo. Per chi è rimasto seduto, provi ad aggiustare un po’ la schiena, va bene anche poggiare la schiena sulla sedia. 

Iniziamo semplicemente a respirare. Iniziamo a portare l’attenzione al nostro corpo. Possiamo muovere leggermente le gambe, i piedi: provare a sgranchire la parte bassa del nostro corpo. Muoviamo le ginocchia, muoviamo le caviglie. Poi lasciamo andare le gambe e muoviamo le braccia: le spalle, le braccia, le mani, i polsi. Magari c’è qualcosa che scricchiola, qualcosa che è dolorante. Lascio andare le tensioni, scuoto le tensioni dalle braccia e nell’espirazione lascio ricadere le braccia sul corpo se sono seduta/o o a terra se sono sdraiata/o. E’ la volta della testa e del collo: muoviamo la testa, muoviamo il collo, facciamo qualche leggera rotazione e sentiamo se c’è qualche punto che ha voglia di stiracchiarsi con gentilezza. Mi raccomando fate delle rotazioni leggere senza mai spingere eccessivamente la testa né in avanti né indietro e durante una lunga espirazione torniamo con la testa in una posizione neutra o ad abbandonarla sul letto o dovunque siamo sdraiati/e. Respiriamo e lasciamo andare ogni tensione dal corpo. 

Man mano continuiamo a mantenere l’attenzione su questo corpo in posizione rilassata sdraiata o seduta e proviamo a immaginare la sensazione di essere sotto un cielo limpido, al sole, un sole tiepido che fa piacere e che con i suoi raggi ci scalda il viso, il petto, le mani, le gambe, i piedi. Possiamo immaginare di rivolgere il nostro viso verso il sole e di lasciarci accarezzare da questi raggi: dei raggi primaverili, un caldo piacevole. Forse in questa giornata primaverile, sotto questo cielo limpido, possiamo sentire anche una leggera brezza, sentiamo il vento, un gatto o il cinguettio degli uccelli. Ci lasciamo cullare da questa situazione. Lasciamo il calore del sole, la brezza, il rumore degli uccellini cullarci. Proviamo proprio a immergerci in questo ambiente.

Siamo su un prato e forse muovendo le mani possiamo sfiorare l’erba. Mi lascio andare alla coccola di questo momento. È un momento sereno. Non ci sono pericoli, non ci sono rumori minacciosi. Ci siamo noi. Più mi rilasso più mi sento parte dell’ambiente, parte di quella natura, parte di quella meraviglia che ci avvolge. Sicuramente c’è un gatto vicino a noi, che magari cerca di richiamare la nostra attenzione. Proviamo a lasciarlo miagolare in sottofondo: c’è sicuramente qualcuno che si sta occupando di lui e io rimango sdraiato/a. Faccio in modo che le sensazioni dell’erba sotto le mani si facciano sempre più chiare. Muovo le mani sull’erba e lentamente osservo questi fili d’erba crescere e allungarsi attorno a me, mi scivolano lungo le mani e lungo l’avambraccio. Mi avvolgono dolcemente. Pian piano mi accorgo che lo stesso sta succedendo ai piedi: altrettanti fili d’erba delicati si muovono, mi accarezzano e mi avvolgono. È un abbraccio delicato, una carezza, un gesto di presenza. Guardo questi fili d’erba muoversi, sono vivi, pieni di vita e raggi di sole, di cieli azzurri, di nuvole, di acqua, di pioggia, di notti buie. E sono lì per me, mi avvolgono, mi abbracciano e più li guardo più noto che non sono solo fili d’erba, ma che stanno spuntando dei fiori. Tra quei fili d’erba, piccoli boccioli e poi fiori. Li osservo, magari riconosco il fiore o il colore o ce n’è più di uno. Mi rilasso in questa avvolgente carezza della natura. Sento com’è diventare parte di quel prato fiorito. Sento com’è sentirmi radicata/o a terra, a Madre Terra e alla sua forza, che tutto sostiene, anche senza rendercene conto. Rimango così, sdraiata/o su questo prato, avvolta/o da fili d’erba e fiori, sostenuta/o da Madre terra e con lo sguardo rivolto a Padre Cielo.

C’è una dose di sacralità nella natura, nel ciclo della natura, delle stagione, del tempo, del giorno e della notte. C’è l’inizio e la fine, la vita e la morte, tutto e l’assenza di tutto e io sono parte accarezzata, avvolta, coccolata di questo tutto e di questo niente. Sento la forza e il sostegno di Madre Terra e l’immensa spaziosità di Padre Cielo. Lentamente, sento che i fili d’erba e i fiori allentano la presa e tornano a scivolare verso il basso. In un attimo, il prato è quello che è sempre stato e sembra quasi impossibile la carezza e l’abbraccio che abbiamo visto crescere. 

Ora tutt’attorno è esattamente normale. Possiamo dare uno sguardo intorno a questo prato fiorito. Osserviamo cosa c’è, cosa vediamo. Potrebbe esserci un animale, che è qui per noi, per dirci qualcosa, per lasciarci un messaggio. Lasciamo emergere, senza controllare o cercare con la mente, e fidiamoci della prima immagine, del primo pensiero, della prima sensazione. Poi cerchiamo di metterla a fuoco, di vedere più chiaramente che animale, che forma, che colore e che messaggio è. Se è difficile, o se non emerge un animale preciso, rilassiamoci e torniamo alle sensazioni del prato, del sole, della brezza, dei fiori. Lasciamo andare la parte razionale e giochiamo solo a osservare l’ambiente attorno a noi, senza fretta, senza cercare, senza forzarci. Potrebbe capitare di vedere più animali, invece: possiamo spostare l’attenzione, magari dedicare più tempo a quello che sentiamo più forte, più nitido, e porta con sé una parola o un’emozione o una frase o una sensazione, guardandolo. Apriamoci a cogliere queste sfumature. 

All’improvviso una folata di vento più nitida spazza via il prato, l’animale, le nuvole, il sole, l’erba. In un ricciolo di vento si allontanano e noi torniamo al corpo, a respirare nell’addome, a inspirare gonfiando la pancia e a espirare sgonfiando la pancia. Iniziamo a muovere lentamente i piedi, le mani, torniamo a prendere contatto con la stanza in cui ci troviamo. Magari c’è un tappetino sotto le nostre mani, la stoffa di un cuscino. Sentiamo quello che c’è ora intorno a noi. Respiro e apro lentamente gli occhi e mi prendo il tempo necessario per tornare qui e ora, con leggerezza e gentilezza. 

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