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Mindful Eating

Meditazione guidata n°46

Quando mangiamo non mangiamo solo il cibo ma anche le emozioni che abbiamo in quel momento e molto spesso ricorriamo al cibo per coprire o sanare o saziarci di altro che non è il cibo in sé. Quindi è un terreno di grande scoperta… e pratica.

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[Introduzione]

Quello che vi volevo proporre questa sera è un esercizio che viene dalla mindful eating e quindi dalla parte della mindfulness che si occupa del rapporto con il cibo. Per portare consapevolezza al momento del pasto, ci si avvicina attraverso una serie di pratiche ed esercizio proprio per renderci conto di quando mangiamo, di come mangiamo, di quello che proviamo mentre mangiamo. In occidente ci divertiamo a far nascere ottocento protocolli diversi, in realtà prendiamo sempre dalla solita base che è quella della consapevolezza e della presenza delle sensazioni, di quello che pensiamo e sentiamo con i cinque sensi.
Con il cibo è particolarmente facile avere a che fare proprio con i cinque sensi perché ci stimolano sotto vari punti di vista. Come la meditazione camminata è una meditazione che viene fatta un po’ al rallentatore per sentire tutte quante le sensazioni ed è una palestra per portare la consapevolezza nel movimento, così le pratiche di mindful eating sono una palestra per iniziare ad allenarci a portare attenzione e consapevolezza durante i pasti. Quando mangiamo non mangiamo solo il cibo ma mangiamo anche le emozioni che abbiamo in quel momento, ad esempio, e molto spesso ricorriamo al cibo per ricoprire o sanare o saziarci di altro che non è il cibo in sé. Quindi è un terreno di grande scoperta. Moltissime persone si avvicinano alla mindfulness dalla mindful eating un po’ come se fosse l’ennesima dieta con cui capire finalmente qual è il rapporto che ho con il cibo e il mio corpo. In parte è vero, in parte non si tratta di semplici esercizi per mantenere il controllo a tavola: diventano uno specchio o una porticina in cui possiamo vedere o scoprire qualcos’altro di noi. Non è necessario voler dimagrire, non è necessario avere un rapporto difficile o non equilibrato con il cibo: è semplicemente un canale di scoperta e conoscenza.
Questa sera volevo proporvi questa cosa qui. La pratica verrà fatta, almeno per una buona parte, con gli occhi aperti perché dovrete osservare il cibo, il boccone che avete davanti. Comunque vi guido io perché iniziamo sempre con una parte di radicamento e di presenza e poi ci avviciniamo al cibo. Tenetelo davanti, visibile, non mettetelo in bocca subito appena suona la campana.
Iniziamo? Siamo pronti?

[Fine introduzione]

 

Iniziamo sempre chiudendo gli occhi e portando l’attenzione al dentro diverso dal fuori. Proviamo a cercare di mettere a fuoco lo spazio interno diverso dallo spazio esterno. Di solito, viviamo gran parte delle giornate concentrat* nello spazio esterno: quello che accade, quello che ci viene detto, quello che dobbiamo fare. Raramente portiamo la stessa attenzione allo spazio interno, dove avvengono tantissime altre cose durante la giornata, dove ci sono vari stimoli su cosa servirebbe, sui bisogni… alcune volte non ci accorgiamo nemmeno del bisogno di bere, ad esempio, tanto siamo sconness* dalla parte interna e proiettat* verso la parte esterna. Iniziamo a sentire tutto quello che c’è dentro, che sensazioni arrivano dal corpo, se riusciamo a percepire tutto il corpo contenuto dalla pelle che è il nostro confine oppure no. Ci possiamo muovere nell’esplorazione delle sensazioni. Magari emerge un’immagine, un colore. Rimaniamo in contatto con il nostro corpo, ricordandoci di respirare. A ogni espirazione, sentiamo la pesantezza di questo corpo, la sua consistenza. E’ probabile che ci siano anche altre interferenze che arrivano dalla mente, dai pensieri o da fuori. Semplicemente notiamole e poi torniamo a focalizzarci sul corpo, perché in questo momento non c’è nient’altro che si debba fare. Possiamo prendere questo spazio per arrenderci ed entrare in contatto con l’interno, lasciar emergere qualsiasi tipo di sensazione fatta di immagini, flash, colori, senza cercare di spiegare o capire. Facciamo ancora qualche respiro. 

Quando ci sentiamo pront*, apriamo gli occhi lentamente e ci focalizziamo con lo sguardo sul boccone o sul piccolo pezzo di cibo che abbiamo scelto per questa pratica. Aprendo gli occhi, apriamo un altro canale di ricezione di stimoli visivi che sono molto forti, aumentano le distrazioni, aumentano le possibilità di non rimanere in contatto con sé. Proviamo a utilizzare questo canale così potente per focalizzarci. Invece di ancorarci al corpo e al respiro, ci ancoriamo alla vista e osserviamo quel pezzettino di cibo davanti a noi: la superficie, i contorni, il colore, le sfumature. Forse ci sono delle pieghe o delle briciole. Lasciamo che lo stimolo della vista sia quanto più possibile neutro e quindi quando ci accorgiamo di aggiungere un pensiero (che può essere bello, brutto, mi piace, non mi piace, strano, fantastico)… accorgiamoci, esattamente come quando ci distraiamo durante la pratica, e torniamo a osservare. Forse osserviamo dei dettagli che all’inizio non avevamo notato. Più stiamo in contatto con la vista, più questa permette di far emergere delle specificità. Possiamo muovere la testa e vedere cosa succede all’oggetto: magari notiamo che la luce si riflette in maniera diversa, che si creano delle ombre, delle zone più lucide. Se la mente vaga, ancoriamoci alla vista, scegliamo un unico punto ed esploriamolo come se fosse l’unico nostro punto di attenzione. Siamo abituati ad ancorarci al respiro, proviamo a farlo con la vista. 

Quando poi ci sentiamo pronti, possiamo prendere in mano quel pezzo di cibo e alla vista aggiungere il senso del tatto. Facciamo scorrere lentamente i polpastrelli sulla superficie del boccone di cibo. Possiamo anche provare a chiudere gli occhi e vedere cosa accade se eliminiamo lo stimolo visivo e rimaniamo in contatto solo con quello tattile. I movimenti sono sempre lenti, in modo da permettervi di esplorare. 

Mentre esploriamo, possiamo avvicinare questo boccone al naso per far entrare in gioco anche l’olfatto. Gli occhi possono rimanere chiusi. Portiamo tutta la nostra attenzione alle sensazioni sprigionate dall’olfatto. Possiamo soffermarci a chiederci quando è stata l’ultima volta che abbiamo sentito il profumo o l’odore di quel pezzo di cibo prima di mangiarlo. Come per la vista, anche per tutti gli altri sensi, più attenzione e concentrazione viene prestata loro e più si svelano profondi e dettagliati, si scoprono altre note. Ancora una volta, cerchiamo di lasciar andare pensieri o giudizi sulle sensazioni, cerchiamo di rimanere in contatto nudo con la sensazioni in sé, senza interpretazione o spiegazione. 

Finalmente è arrivato il momento dell’assaggio, siamo al gusto. Possiamo mettere in bocca un boccone piccolino del nostro cibo. Se avete necessità di spezzarlo prestate attenzione, perché c’è un suono che viene sprigionato, un suono che magari sentita addentando il boccone, masticando. Ovviamente, quando è in bocca, c’è anche la sensazione del gusto. Tenete il boccone in bocca senza masticarlo subito completamente, osservate cosa sentite, cosa sentite sulla lingua, sul palato, le sensazioni nella bocca, e cosa cambia masticando. Masticando si sprigionano anche dei rumori. Rimaniamo in contatto di queste due sensazioni del gusto e dell’udito. Ogni volta che masticate fatelo lentamente in modo che sia più semplice poter assaporare le varie sfumature, sia del gusto che dell’udito. Provate a sentire com’è lasciar sciogliere il boccone in bocca, non mandatelo subito giù ma tenetelo, masticando, in bocca cercando di cogliere il cambiamento delle sensazioni. Tutta la nostra attenzione è nella bocca, nel gusto che cambia perché rispetto al primo morso più mastichiamo più c’è un’evoluzione del gusto stesso. Forse cambiano anche i suoni sprigionati dal cibo.

Rimaniamo semplicemente in contatto con queste sensazioni fino a quando il boccone, lentamente, si scioglie. Anche dopo aver deglutito o terminato, rimaniamo in contatto con le sensazioni che ci sono in bocca. Cosa è cambiato rispetto a prima? Sentiamo se ci sono dei movimenti che vorremmo fare, magari abbiamo sete, magari vogliamo pulire i denti. Rimaniamo in contatto con queste sensazioni ancora per qualche istante. Poi, a occhi chiusi, rimaniamo in contatto con noi, con quel boccone di cibo che adesso sarà nel nostro stomaco. 

Proviamo ora a ringraziare tutte le persone e la natura che hanno contribuito a far sì che quel pezzo di cibo arrivasse nella mia bocca e nel mio stomaco. Ringraziamo la terra, i semi… ognuno in base al cibo che ha scelto avrà un percorso diverso. Nel mio caso, ho un pezzo di fico secco e quindi ringrazio la terra, ringrazio il seme, ringrazio l’albero, ringrazio chi ha piantato quell’albero, chi si è preso cura dell’albero fino ai suoi frutti, ringrazio i frutti, ringrazio chi li ha raccolti, ringrazio chi li ha trasportati, ringrazio chi si è occupato del processo di essicazione, ringrazio chi li ha magari trasportati di nuovo, chi si è occupato dell’imballaggio, chi ha progettato l’imballaggio, chi ha controllato l’affidabilità dello stabilimento in cui venivano imballati, chi ha consegnato i vari pacchetti al supermercato dove l’ho preso io, ringrazio la persona che lo ha scaricato dal camion e lo ha portato dentro al supermercato, ringrazio la persona che ha aperto lo scatolone e lo ha posato sullo scaffale. Provate a entrare nel vivo del processo del vostro pezzo di cibo che magari in apparenza è molto semplice: il mio era un pezzo di fico, non era particolarmente elaborato se non essiccato, eppure c’è una catena molto lunga di natura, energia e persone che hanno contribuito per far sì che io potessi stasera averlo qui davanti a me e metterlo in bocca. Ognuna di queste persone ha la sua vita, le sue difficoltà, le sue scelte da fare, i suoi alti, i suoi bassi e in qualche modo si è intrecciata alla mia vita e mi ha permesso di fare esperienza di questo cibo. 

Quando guardiamo quello che mangiamo vedendo tutto questo lavoro che c’è, ecco che anche un piccolo pezzo di fico secco, un’uvetta, racchiude tantissimo e ci mostra quanto siamo intrecciati e interconnessi, perché noi mangiamo tantissimi tipi di cibi ogni giorno, che arrivano da tutto il mondo, più volte al giorno. Ovviamente poi c’è l’ambiente, la natura, la terra su cui viviamo che ospita tutti noi, che ci ha permesso di coltivare tutto questo. 

Ringraziamo a proviamo a vedere cosa accade in noi, cos’è per noi quello stesso boccone di cibo che abbiamo portato a inizio pratica. Proviamo a ricordarci di tutto questo anche quando mangiamo, quando facciamo colazione, pranzo o cena e abbiamo davanti tantissimi cibi diversi. Basta un istante di consapevolezza per vedere cosa c’è dietro quel cibo, cosa c’è dentro di noi che lo mangiamo e rendere comunque quel momento sacro perché in fondo noi siamo fatt* di quello che mangiamo.  

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